sabato 30 ottobre 2010

Il ragazzo delle montagne nevose e altri coraggiosi

Ogni creazione comporta uno sforzo. Lo sforzo nasce dall'opporsi alla resistenza al cambiamento.
Le paure intime e gli ostacoli intorno.
L'ordine esistente resiste il più possibile. Il nuovo deve farsi strada con forza.
Lo sanno gli scrittori alle prese con il blocco, le mamme in sala parto, i bambini che imparano a camminare, i rivoluzionari, i protagonisti dei film ben scritti, i ricercatori, tutti quelli che tentano di dare un nuovo corso.

Nella Sutra del Nirvana si narra di un ragazzo che per poter ascoltare la seconda parte di un verso mai udito prima, accettò di buttarsi nelle fauci della creatura orribile che l'avrebbe pronunciato.
Prima però volle inciderlo sulle rocce e sui tronchi perché potessero leggerlo anche altri.
Quindi, si tolse di dosso la pelle di cervo che lo copriva e saltò.
Ma il demone si trasformò nel dio Shakra, un essere risplendente di luce che lo accolse tra le sue braccia e gli disse di aver voluto mettere alla prova la sua fede e il suo spirito di ricerca.

E' cercando il nuovo che il mondo gira.

martedì 26 ottobre 2010

Quell'uomo lassù




acrobata (s.m.) è chi cammina tutto in punta (di piedi): (tale, almeno,
è per l'etimo): poi procede, però naturalmente, tutto in punta di dita, anche,
di mani (e in punta di forchetta): e sopra la sua testa: (e sopra i chiodi,
fachireggiando e funamboleggiando): (e sopra i fili tesi tra due case, per le strade
e le piazze: dentro un trapezio, in un circo, in un cerchio, sopra un cielo):
volteggia su due canne, flessibilmente, infilzate in due bicchieri, in due scarpe,
in due guanti: (dentro il fumo, nell'aria): pneumatico e somatico, dentro il vuoto
pneumatico: (dentro pneumatici plastici, dentro botti e bottiglie): e salta mortalmente:
e mortalmente (e moralmente) ruota:
                                                      (così mi ruoto e salto, io nel tuo cuore);


Poesia di Sanguineti, illustrazione di Benila (http://www.benila.com/)

sabato 23 ottobre 2010

I quattro elementi e i due fratelli Shyamalan



Ci sono artisti che assomigliano a certi amici.
Quelli di cui non ti puoi fidare sempre, quelli che però quando sono in vena ti regalano qualcosa che gli altri no, non riescono, non in quel modo.
Shimalayan è uno di questi.
Può offrirti film come "Il sesto senso" che fa scuola, che ti trovi a citare spesso parlando di sceneggiature esatte come orologi.
Oppure atmosfere come "The village". 
Non esita a parlare di lealtà, responsabilità come missione. I suoi film richiamano una morale dell'essere umano, intesa in senso lato, trans-culturale ed in questo è un unicum perché l'impegno al cinema si traduce più frequentemente in impegno civile, sociale, politico.

Ma per avere tutto questo, devi mettere in conto che a volte andrai al cinema e avresti preferito non andare.
Ti sembrerà la brutta copia di se stesso. Ti troverai a sospettare di un fratello gemello un po' scemo che si spaccia per lui sul set.
Non ci sarà quella profondità che ti aspettavi, c'è qualcosa di sfocato, quasi dozzinale.
E' il caso di "Signs", "Lady in the water", "E venne il giorno".

"L'ultimo dominatore dell'aria", il cui soggetto -molto suggestivo- è tratto da un manga, non arriva a questo.
Si ferma a metà: i dialoghi a volte sono imbarazzanti (anche per la recitazione?), le azioni dei personaggi incerte (il fratello della dominatrice dell'acqua e la principessa, durante la battaglia finale, vanno di continuo avanti e indietro dal luogo sacro. Per smaltire l'ansia?), i personaggi non hanno la tridimensionalità di un film e non hanno l'epicità degli eroi dei fumetti.
Le immagini però, finalmente con un digitale usato al meglio delle sue possibilità, sono affascinanti.
E il tema di affrontare il nemico senza usare la violenza, solo mostrando le potenzialità e la forza della tua anima, da approfondire.
Provaci ancora, Shy.

giovedì 21 ottobre 2010

Ci sono giorni

Ci sono giorni così. Giorni che chiudi il dito in uno sportello, ti chiudi fuori di casa (con le chiavi dentro), chiudi i ricordi in un cassetto e la chiave la regali a uno che passa sotto casa facendo footing.
Ci sono giorni che chiudi gli occhi, chiudi le imposte perché vuoi la penombra, chiudi un libro perché non riesci a concentrarti e chiudi il portatile perché che vuoi scrivere in certi giorni?
Chiudi la zip del piumino perché fa 6 gradi, chiudi la serranda del garage. Chiudi il cellulare perché ha funzionato anche troppo.
Poi arriva la signora delle pulizie e spalanca porte e finestre.
Meno male.

venerdì 15 ottobre 2010

Un'altra vita


C'è molta polvere nell'aria. E tutto intorno è bianco e nero, ma il bianco non è proprio bianco. Avorio, ecco. E il nero non è proprio nero, vira un po' sul seppia. Gli occhi di tutti sono marcati col nero che stavolta invece è nero nero che li rende più sorridenti e più tristi.
Ecco, mi trovate lì.
Tempo fa per tre pomeriggi mi sono immersa in un regalo ricevuto lo scorso Natale.
"Alla ricerca di Charlie Chaplin" di Kevin Brownlow, un cofanetto libro più dvd.
Con materiale inedito, primi lavori, ombre e luci di un essere straordinario.
E, finita la visione, sono rimasta lì, non volevo tornare, non riuscivo a tornare.
La mia amica F. a cui esponevo il mio caso preoccupante mi consigliava di guardare tutta la fantascienza che avevo in casa. Oppure tutto Tarantino che pure mi piace tanto.
Una specie di scossone per aprire una porta temporale in cui infilarmi per tornare al presente.
Il consiglio era buono, ma non l'ho seguito. Ne sono uscita poco a poco, con il tempo. Ho preferito venire via come su un treno da cui puoi guardare la stazione che si fa man mano più piccola.
Però che magia laggiù.

PS. la mia "amica di blog" Toupie sembra essere affetta dalla stessa sindrome. Credo però che lei sia da qualche parte negli anni '60...

martedì 12 ottobre 2010

Sotto un grande albero



Ieri sono andata a trovare S.

Al fioraio ho detto: “Vado a trovare una signora che non sta bene. Vorrei una pianta colorata, allegra.”
Avrei dovuto dire: “Non sto tanto bene, vado a trovare S. Porto una pianta, quale?”

Perché è vero che S. sta facendo la chemioterapia ed è vero che non può muovere bene le gambe.
Ma tu che puoi correre a piedi o in macchina, che puoi fare la spesa, sport, andare al parco, andare alla posta o al lavoro, a quelle cose spesso rimani inchiodato. Lei è libera. Va lontano.

La sua terapia è una cosa di cui parliamo in mezzo alle altre, non è la prima e non è l’ultima. Parliamo di indiani d’america, di sua figlia quand’era piccola come D., di caffè, di equilibrio, di attacchi di panico, di tamburi, di determinazione, di autostima, di Gesù Cristo, di perfezionismo, di oscurità fondamentale, dei lavori che non mi hanno pagato, dei mormoni, del film di A., dei nonni, del nostro buddismo, della mia fede ancora debole (e io che pensavo di stare andando alla grande!).

La pianta (alla fine ho comprato una kalanchoa dai fiori rosso corallo) le piace e mi è andata bene: “mi regalano sempre piante che non mi piacciono”.

S. è ruvida e morbida insieme.
La seconda volta che l’ho incontrata, mi ha detto “I romani non li sopporto tanto”.
Però, dopo un meeting buddista in cui mi ha visto piangere, mi ha scritto un sms in tarda serata: “Sei molto sensibile. Rimani così. La sensibilità se usata con il daimoku tocca il cuore delle persone. Mi ha fatto piacere vederti".

Accanto a S. provi una sensazione strana. L'ho raccontato ad A. Anche lui sente lo stesso. Senti la vita scorrere.  E la cosa non ti crea angoscia, non ti senti in ritardo su tutto. Ti senti come se fossi seduto in un posto ombreggiato, a guardare l'acqua.

sabato 9 ottobre 2010

L'arte dell'innesto


C'è una sensazione indescrivibile provata quando si sogna e si sogna di cadere da una scala o da un cornicione. Quella perdita di equilibrio che ti fa risvegliare e ti salva da quella caduta così reale, più reale di cento volte che sei caduto davvero.

Nel film è chiamata "il calcio". Ti riporta alla realtà dal sogno in cui sei immerso. Ma chi lo dice che quello che hai intorno stavolta è reale?

In compagnia di Dom Cobb (Leonardo di Caprio), esperto in furti dell'inconscio, può accadere che tu stia bevendo un caffè nel dehors del solito bar di un quartiere che conosci così bene e a un tratto ti accorgi che sei con lui ma nel tuo sogno, cioè nel regno del tuo inconscio e nel momento in cui te ne accorgi tutto inizia a esplodere e crollare perché era la tua sospensione di incredulità (proprio come al cinema!) che rendeva il tutto reale e funzionante.

Christopher Nolan è un genio.
Grande conoscitore del funzionamento della mente e dei meccanismi cinematografici. Coniugando le due cose, ottiene un film che è un capolavoro strabiliante. Strabiliante perché non finisce quando si accendono le luci in sala ed esci dal cinema e ti infili di nuovo in macchina e nel traffico e nel letto.
Il film continua e l'innesto di cui si parla nel film è avvenuto nella tua mente.
Tutto questo l'ho capito ben tre giorni dopo in una discussione telefonica a quattro.
L'happy ending che mi ha fatto piangere di tensione finalmente sciolta, di felicità, di catarsi necessaria per non morire lì sulla poltrona del cinema, non è reale.

Sono passati due anni da quando Dom Cobb ha visto per l'ultima volta i figli e quando li riabbraccia indossano gli stessi vestitini. Tutto questo non è possibile. Tutto questo lo dice G. al telefono e mi si gela il sangue.
Perché è vero che quella dannata trottola dell'ultima inquadratura non ha smesso di girare. Io l'ho vista rallentare, lo giuro ma forse è solo quello che ho voluto vedere.
Del resto Di Caprio, nel mettere a punto il piano con la sua squadra, lo dichiara: perché l'innesto funzioni bisogna puntare sulle emozioni positive che sono più potenti di quelle negative.
E con lui, Nolan ce lo ha detto. Il trucco era lì sotto gli occhi, ma come un abile prestigiatore ("The prestige" è uno dei film precedenti del regista non a caso) ha maneggiato rapidamente le carte.
E quando Arianne, architetto dell'inconscio, si allena a costruire mondi chiude due porte che sono enormi specchi in cui le figure di lei e Dom Cobb si ripetono all'infinito.
A dire che i livelli del sogno potrebbero essere infiniti. Il film forse ne era uno. La nostra vita potrebbe esserne un ulteriore.
Dov'è quindi il "principio" del titolo? E dove la fine?


PS. io non riesco a scrollarmi di dosso l'emozione degli occhi di Di Caprio quando davanti al Saito invecchiato ricorda improvvisamente il motivo per cui è lì.
M. pensa spesso alla girandola che l'ha fatta piangere.
V. ha ricominciato a sognare.
A. non è ancora sicuro di essere sveglio.
Se non è un capolavoro questo...

martedì 5 ottobre 2010

Tempi duri

Tempi duri sotto il tavolo.
Secondo round di parainfluenza in famiglia, pensavamo di averla fatta fuori e, come nei migliori film d'azione, è risorta più potente di prima.
Nel puffo è degenerata in principio di bronchite.

La scuola materna che tanto entusiasmo aveva generato, ora genera altrettanto nervosismo a casa, bada bene, perché a scuola andiamo sempre abbastanza sereni.

Il film langue, cioè è lì. Che piace. Che non riesce a raccogliere tutti i fondi necessari. Che sembra partire. Che si ferma. Che ci innervosisce (anche lui).

Le notti sono lunghe e il sonno corto. Qualche incubo, due o tre risvegli, un viaggio nel lettone.

Io e A. ci rubiamo uno sguardo tra l'aerosol, i parenti, i collegi docenti, le riunioni di condominio, le bollette da pagare, il puffo che ronfa beato sui nostri cuscini, la raccolta differenziata, le strigliate della caposcala perché non abbastanza differenziata.
Ci guardiamo e sappiamo che verrà di nuovo il tempo per noi. Che il tempo per noi non è passato mai. Che tutto questo caos animato e inanimato che è la nostra casa siamo noi.

Questo post è dedicato ad A. perché quando in casa ci sarà silenzio e potrei sussurrargli queste righe, starò già dormendo.

venerdì 1 ottobre 2010

Caduti nella rete

Siamo connessi, cibernetici, tecnologici, dotati di blackberry, ipad, iphone, email, account...
non sono ironica, sto descrivendo la realtà di cui (per mia fortuna) so anche cogliere gli aspetti positivi.
nonostante a volte riecheggi nelle mie orecchie la voce di Guzzanti che riflettendo sulle magnifiche possibilità di essere connessi con tutto il mondo gridava "Abboriggeno ma io e te che ce dobbiamo di'?" non sottovaluto le potenzialità della rete.
prima su tutte quella di collaborare e accedere a un'informazione libera in senso lato, senza bavaglio, spesso senza costi.
il che vivendo nel paese in cui viviamo non è male.
la rete presenta dei rischi e questo lo sappiamo ma non è che il mondo reale ne sia privo, anzi fin troppo banale capire che se sono nella rete è perché esistono nella realtà.
la rete, per sua caratteristica intrinseca di non avere limiti, esalta ogni dimensione, fa da cassa di risonanza.
a volte, ahimé, anche della stupidità.
a volte, tutti presi dall'essere ipermoderni, non ci accorgiamo di quanto siamo iper-stupidi.
due esempi.
sulla confezione della carta igienica ho trovato un numero verde e un sito da consultare per suggerimenti. non voglio neanche immaginarli.
sulla bottiglietta di una nota marca di acqua, leggo la solita filastrocca sull'importanza di essere idratati e un importante suggerimento: scopri quanti bicchieri bisogna bere al giorno su www.bevi8bicchieri ecc.
quanti mai saranno questi bicchieri?!
poveri noi.