giovedì 30 dicembre 2010

C'è critico e critico



Ho rivisto da poco "Ratatouille" e la recensione di Ego è uno dei momenti più alti del film.
Il giorno dopo ho letto il bellissimo ritratto di Roberto Mariani contenuto in "Artisti, pazzi e criminali" di Osvaldo Soriano.
Anche sulla vita di Mariani, poeta e narratore, la figura del critico, in particolare di un tale Avelino Castro, ha gettato la sua ombra. Racconta Soriano che Mariani raccoglieva in un quaderno tutte le recensioni che lo riguardavano anche per l'idiozia di cui le stesse erano un campionario.
(Non per questo non ne soffriva.) Ecco qualche passo.

"In un brano del racconto di Mariani si legge:

Quando Muguette tentò di serrarlo alla sua riva, di legarlo di più alla civettuola garconniere (...)
il paragrafo infiammò l'erudizione di Castro, il quale puntualizza nella sua critica:

Non riusciamo a spiegarci cosa intende dire l'autore, quando scrive che Muguette tentò di serrarlo alla sua riva, perché Muguette, essendo donna, non poteva essere mare, quindi avere sponde.

Quanto a un paragrafo che dice:
L'assenza di Muguette riempì il margine bianco della sua vita
Castro annota:
Se il margine era bianco, è chiaro che venne riempito. Se venne riempito, non era più bianco. Quello che non viene scritto non sta scritto. Sono verità lapalissiane."
Poi c'è una persona che, ai tempi della Scuola Holden, ci ha stregato con l'arte della critica cinematografica mostrandoci come può essere la più elevata forma d'amore per un'opera, come la critica si fa filosofia, interpretazione del pensiero, disvela le forme dell'arte mostrandone i mille aspetti visibili solo all'occhio del mago. C'è chi l'opera la concepisce e chi la attraversa.
Questa persona si chiama Bruno Fornara.
Ed è uno di quei fortunati incontri che ti cambiano la vita.

sabato 25 dicembre 2010

Quattro o cinque cose che ho imparato

Questi primi giorni di vacanze sono stati utili quanto a insegnamenti:

- inutile vagheggiare di traslochi in altre latitudini, più calde, meno umide: i virus della scuola materna vanno fortissimo ovunque (ci giungono dati dal Lazio, dalla Puglia, dalla Sicilia)

- alle recite di Natale parteciperà sempre una piccola élite di superstiti, inutile distribuire le parti del copione. Più realistico mettere in scena un Beckett con due o tre personaggi. Meglio ancora un monologo (c'è sempre un Gastone, un fortunato fin dalla tenera età).

- Babbo Natale non si ammala mai, tira fuori delle risorse impensabili e trova sempre quello che cerca. Forse imbottisce le renne di antibiotici ma di fatto non sgarra.

- chi manda auguri a tutta la rubrica (e lo scopri perché è un ex o un amico che hai sempre chiamato Gigi e che invece nell'sms si firma con nome e cognome) non merita risposta. Gli auguri o si inviano sentiti o non si inviano.

- nelle vecchie riviste sepolte sotto la montagna delle nuove e riesumate per pulire i vetri o raccogliere gli scarti dei carciofi, ecc. si celano articoli interessantissimi che a una prima lettura erano sfuggiti. (ma le hai mai aperte certe riviste? così nuove, così intonse, così poco spiegazzate...suggeriscono di giorni in cui sono state ignorate)

- le richieste degli adulti a Babbo Natale sono più difficili da esaudire. Io per esempio vorrei solo andare al cinema con A. e per ora non siamo ancora riusciti...

(to be continued)

domenica 19 dicembre 2010

Dò i numeri

Ultimate, a forza di straordinari notturni davanti al portatile, due sceneggiature. In tre a scrivere, per fortuna. Una la persona che le dovrà leggere (così ci auguriamo, vedi post precedente).
Fuori -10 C. Dentro casa, 11° virus dell'anno che il puffo si è portato dall'asilo. Quattro la media delle ore di sonno per notte.
Quindici e quaranta l'ora di arrivo dell'aereo che domani porterà i nonni romani a Torino per le feste.
Tra cinque e sei le cose che dimentico di fare al giorno (speriamo di non dimenticare i nonni a Caselle).
Infinita la speranza di uscirne vivi.

martedì 14 dicembre 2010

S'io fosse

Negli ultimi giorni (abbastanza complessi da vivere o meglio da affrontare rimanendo vivi) mi sono trovata ogni tanto a fantasticare.
Come vorrei essere il pediatra di mio figlio che ho inseguito telefonicamente come non farei neanche con Christian Bale se ne avessi il numero
O l'elettricista che ci ha detto di svitare la lampadina e richiamarlo la settimana seguente. 
O il tecnico della caldaia che abbiamo implorato per settimane di venirsi a prendere questi 100 euro per il controllo annuale.
Come vorrei essere una di quelle persone che non soffriranno mai la sindrome da abbandono professionale.
Invece chi scrive storie è sempre lì a proporle o a giustificarle o a proteggerle. Spesso in difesa, mai in attacco. Conoscono sceneggiatori che non spengono il cellulare neanche la notte. Si sa mai che il produttore, colto da insonnia, venga folgorato dalla nostra idea. Bisogna farsi trovare pronti.

Il "come vorrei essere" mi ha riportato alla memoria una poesia studiata ai tempi del liceo.

S' i' fosse foco, arderei 'l mondo;
s' i' fosse vento, lo tempesterei;
s' i' fosse acqua, i' l'annegherei,
s' i' fosse Dio, mandereil' en profondo;
s' i' fosse papa, sare' allor giocondo,
ché tutt' i cristiani imbrigherei;
s' i' fosse 'mperator, sa' che farei?
a tutti mozzerei lo capo a tondo.
S' i' fosse morte, andarei da mio padre;
s' i' fosse vita, fuggirei da lui:
similmente farìa da mi' madre.
S' i' fosse Cecco, com' i' sono e fui,
torrei le donne giovani e leggiadre,
e vecchie e laide lasserei altrui.
(Cecco Angiolieri 13°-14° secolo)


La leggo, sorrido e penso che la caldaia è importante, ma le parole anche.

domenica 12 dicembre 2010

Di cosa parliamo quando parliamo d'amore


"E' molto bello quello che ha fatto per me ma vede io sono una donna come tante. Sudo, tossisco, ho la carie." (Film Blu)

Leggo sull'ultimo numero del Venerdì di Repubblica la risposta delirante di Natalia Aspesi a un'altrettanto delirante lettera di tale Marianna.
La rubrica si intitola Questioni di cuore e Marianna è una moglie pluritradita ma ancora al fianco del marito che ipotizza una bizzarra soluzione al problema tradimento. Una sorta di appello alla solidarietà femminile.
La Aspesi condivide appieno: "Sono certa che il giorno in cui le donne smetteranno di contendersi un uomo, l'uomo perderà la voglia di tradire. Credo che (non solo) gli uomini si eccitino a sentirsi contesi, si sentano importanti, messi in palio dal desiderio delle donne."
Evviva, trovata la soluzione.

Peccato che il ragionamento abbia solo un paio di falle:
1. l'idea (purtroppo spesso praticata) che gli uomini siano dei bambinoni, che stia a noi donne "governarli", indirizzarli, orientarli...un po' come si fa con i figli. (E poi ci diciamo stanche!) Idea che, neanche a dirlo, fa rabbrividire. Ben diverso sarebbe parlare di rivoluzione umana, di riscoperta della lealtà, della sincerità. Ma dovrebbe essere la persona in questione a scegliere e non chi lo ha sposato o chi lo intrattiene piacevolmente fuori di casa. In tal caso dovrebbe poi parlarsi di essere umano e non uomo. E così arriviamo al punto 2.
2. La soluzione della signora Marianna non tiene conto del fatto che non sono solo gli uomini a tradire. Mi spiace per tutti quelli che lo apprendessero solo ora, ma anche le donne tradiscono mariti e partner. Almeno la Aspesi questo lo fa intuire grazie a quella parentesi, ma lo ignora nel ragionamento. A questo punto la soluzione finale quale sarebbe? Due fronti di solidarietà maschile e femminile che non permettano a individui dell'altro sesso di parlare, telefonare, fare un viaggio di lavoro o prendere un caffè con il rispettivo marito/moglie?


Mi sembra quindi che dobbiamo fare un passo indietro e parlare della coppia.
Di quella cosa strana a cui si anela quando non la si ha (più le donne degli uomini, in verità) e che quando finalmente ci riguarda, ci fa esplorare l'intorno e sospirare. Della serie "ah se solo potessi".
E' la sensucht romantica, niente di nuovo, il desiderio di desiderare, il desiderio che per alimentarsi richiede di non essere mai soddisfatto.
E' quello che Woody Allen descrive meravigliosamente con una scena del suo ultimo film: Roy, sposato con Sally, passa ore e ore di inattività a rimirare dalla finestra la bella dirimpettaia.
Quando finalmente va a vivere dalla concupita vicina, gli capita di guardare sua moglie che si spoglia in quella che era la loro casa e, a questa distanza e a questo punto delle cose, Sally sembra desiderabile come non mai.
Tanto che Roy deve abbassare la tendina per non tentennare.

Io intanto aspetto con ansia American Life, l'ultimo film di Sam Mendes del quale il regista dice: "I protagonisti del mio film non sono due: sono un'unità. E il film non parla della sfida dello stare insieme. E' piuttosto la storia di una coppia che ha già deciso di affrontare unita le sfide del mondo."
Sceneggiatura di Dave Eggers e della sua compagna, Vendela Vida.
Grazie, abbiamo bisogno di aria nuova.

martedì 7 dicembre 2010

Luci e ombre

Qualche giorno fa ero con il puffo in uno di quei negozi tutti pieni di decorazioni natalizie. Quei trionfi del marketing decembrino tutti luci e colori. Sono belli, bellissimi.
Abbiamo comprato una pallina per l'albero. Il nostro albero è già pieno ma da quando c'è il puffo ogni Natale ne compriamo una nuova. Quest'anno l'ha scelta lui, è un Babbo Natale di lana con il cappello celeste attaccato a una pallina di metallo sempre celeste che suona come una campanella.
Il nostro albero è tutto rosso e oro ma si sa che i figli adempiono raramente le aspettative genitoriali.
Si comincia con le palline per l'albero, si continua con gli amici e poi la fidanzata...

Mentre ci avviavamo alle casse lui felice per il Babbo Natale celeste, io per averlo distolto da tutto il restante acquistabile, abbiamo incontrato il signore che abita due piani sopra di noi.
Da qualche tempo non è più cordiale come quando siamo arrivati qui. Nel mio egocentrismo, pensavo che fosse leghista e avesse scoperto le mie origini romane o peggio quelle siciliane della mia dolce metà. Oppure che i risvegli notturni e urlanti del puffo lo avessero disturbato oltre il limite.

Invece mentre le lucine e i colori caldi degli addobbi ci circondavano, mi è arrivata una doccia fredda.
"Che bello" mi ha detto riferendosi a D. "Noi abbiamo perso un nipote di sei anni per la leucemia, in primavera. E non viviamo più."
E io ho saputo dire solo "Mi dispiace, non lo sapevo".

Quando la sera mi ha beccato in cucina che piangevo, A. ha capito che siamo molto più indietro di quanto pensavamo.
Il lavoro di costruirsi una barriera protettiva rispetto al mondo, parliamo di questo.
A volte sembra andare meglio, invece poi scopriamo che è come tutti gli altri cantieri italiani. Siamo molto indietro.
Certo che lo so che muoiono tanti bambini, che ci sono le malattie, la fame e tutto il resto.
Ma gli occhi di un uomo con cui hai scambiato solo buongiorno e buonasera che si riempiono di lacrime davanti a te come puoi dimenticarli più?

Abbiamo collocato il Babbo Natale celeste su un ramo alto perché dice A. che, per un paradosso visivo, l'elemento dissonante va esposto perché si noti meno.
E penso di fare una crostata e regalarla al signore di due piani sopra. Non che una crostata possa fare nulla, ma è l'occasione per dirgli che se qualche volta vuole parlare o venire a giocare con D., noi siamo qui. E per dirgli quanto io abbia apprezzato il suo coraggio di mostrare il dolore che ha dentro.
Tra nastri e decori rischiavo di non vederlo.

venerdì 3 dicembre 2010

Grazie di tutto


L'ho visto al Festival di Venezia qualche anno fa.
Non sul parterre, girava tra la gente, stringeva mani.
Un'amica ha lavorato sul set de "Le rose del deserto" e raccontava che fosse l'unico non sconfitto dalle condizioni atmosferiche.
In un'intervista quando gli chiesero di inventare un possibile epitaffio per sé, rispose: "Non cedette mai a nessuna attrice".
E diceva che Oliveira era il suo cruccio perché, nonostante l'età, continuava a fare un film l'anno: "Se non muore, mi toccherà essere sempre secondo".
Grazie di tutto.

giovedì 2 dicembre 2010

Il gigante e il bambino

Penso che Philip Roth sia un grande. Il più grande? Non so, di certo ne ha pochi davanti. Quando leggi anche solo un paio di righe è tutto così perfetto che la scrittura sembra preesistere al suo autore, quelle parole così combinate sembrano essere naturali come una cascata, una roccia.
Che poi è quella naturalezza derivante dal lavoro di un gigante, quella semplicità frutto della complessità.
Ecco alcune righe tra le mie preferite di Roth:
"Il suo viso lungo e stretto era incorniciato da capelli fini, dritti e neri che le arrivavano alle spalle e un po' più giù, con un taglio che sembrava studiato apposta per nascondere qualche difetto sfigurante, ma certo non di natura fisica".

Oltre a questa battuta di dialogo, in cui peraltro mi guardo allo specchio:
"Io non sono un tattico. Sono un entusiasta."

Siamo ne "Il fantasma esce di scena", la battuta è pronunciata da Kliman, non da Zuckerman che è l'alter ego di Roth.
Infatti Roth non è un entusiasta. E' un uomo dalle grandi ossessioni: il sesso, la vecchiaia, la malattia.
E proprio di quest'ultima volevo parlare. Ultimamente ho preso di nuovo in mano i suoi romanzi, in particolare "Everyman" e, fatto salvo quanto dicevo per lo stile e l'economia di parole e l'efficacia che queste raggiungono, non ho condiviso più tanto la sua visione delle cose in cui prima, a dire il vero, sguazzavo.
Il malato che invidia la sicurezza del sano, la malattia come maledizione, la disperazione che sembra essere inevitabile man mano che si va avanti.

Da quando pratico e studio il buddismo e coltivo l'idea che il karma di ognuno è allo stesso tempo il percorso da compiere per completare la conoscenza dell'umano e la sfida da affrontare per trasformare i propri limiti, vivo meglio.
Guardo con più lucidità e comprensione anche alla storia della mia famiglia, noi che con il karma della salute non ci siamo andati proprio leggeri.
Guardo con ammirazione il puffo che nella sua istintività è molto vicino alla saggezza: quando è malato sta nella malattia e quando sta bene non spende neanche un minuto a lamentarsi di quel che è stato o a invidiare i bambini che sono andati al parco a fare i pupazzi di neve o a preoccuparsi di quello che sarà.
Certo non scrive come Roth, anzi non scrive proprio.
Ma in compenso parla ininterrottamente. Quasi sempre di cose belle.