venerdì 26 novembre 2010

La piccola G. e la Gelmini

G. e i suoi compagni hanno occupato la scuola.
Lo so perché G., figlia maggiore di una nostra amica, ha chiamato A. chiedendogli di andare a parlare loro di cinema.
A. è andato e mi ha raccontato che hanno iniziato con il cinema e sono finiti a parlare della scuola, di loro, di come lottare per quello che si vuole.

Penso a G. così minuta e così determinata che dorme in quella scuola. Chissà com'è la scuola di notte...
-Ma c'è qualche bidello lì con loro? C'è qualcuno che sorveglia l'ingresso, che nessuno gli faccia del male?
- Sì, c'è un bidello che vive proprio lì nella scuola.
(a casa nostra diciamo ancora "bidelli" ma li stimiamo al pari degli insegnanti. I giri di parole li lasciamo a quelli così ossessionati dal trovare la formula linguistica giusta che si dimenticano di salutarli).

I racconti di A. su questi ragazzi mi fanno tornare in mente cose a cui non pensavo da tempo: i viaggi in treno con A. la mia amica del cuore per raggiungere piazza Esedra punto di partenza di tutte le manifestazioni, Cofferati che sembrava dovesse essere il nuovo Berlinguer,  il corso di cinema durante l'autogestione in cui scoprii "Arancia meccanica", "The doors" e altri film disapprovati dagli adulti, i 24 chilometri della marcia della pace Perugia-Assisi, lo striscione che indossavamo io e le mie amiche (ci mettemmo tutta una notte a colorarlo) e che recitava PACE: UNICA ARMA INTELLIGENTE, lo sguardo di mia mamma che ogni volta che uscivo di casa mi guardava come se non dovessi tornare più ma mi mandava sempre, il suono dei bonghi, i piedi che alla fine facevano un male..

Stamattina, compro il giornale e leggo:
Gli studenti fermano la riforma. Slitta l'approvazione della legge Gelmini.

mercoledì 24 novembre 2010

I doni della morte e i doni di Natale


Harry Potter e i doni della morte è stato un po' il mio film di Natale.
Lungi da me cinepanettoni e facsimili (posso vantarmi di non averne mai visto uno) , i miei film di Natale sono stati fino a una certa età i film Disney.
Io ero la piccola della famiglia e il film era un regalo ulteriore per me e mia sorella.
Ricordo benissimo Il libro della giungla, che deve essere stata la mia prima volta al cinema.
Poi un Natale, sono stata io ad accompagnare il  mio cuginetto A. Era Il re Leone ed ero diventata grande.
Il film di Natale è quel film che quando lo guardo dimentico di aver dedicato gli ultimi otto anni a studiare cinema e narrazione.
Mi siedo e sprofondo in quell'universo fantastico e torno bambina e potrei non tornare più.
A me Harry Potter piace, è sempre piaciuto. Penso che alla Rowling si debba riconoscere il merito di aver affascinato metà pianeta con il suo personalissimo immaginario. Per me la Rowling è una grandissima soggettista, come scrittrice non potrei giudicarla perché confesso di non aver letto la saga. L'ho vista tutta al cinema. Dai commenti che ho sentito, forsei dovrei leggere quest'ultimo. Ma anni fa, iniziai il primo volume, prestatomi da U. che allora era un bimbo divoratore di libri, e non mi piacque. Trovai lo stile molto piatto.
Potrei rispolverare il tutto tra un po' perché a D. piacerebbe. D. non si addormenta senza storia, non più.
Comunque, tornando a Harry, ho trascorso due ore e mezzo meravigliose .
Poi, uscita dal cinema, tra il freddo e le luci di corso Belgio, sono tornata grande.
E con l'età adulta, sono tornati gli studi, le nozioni, l'esperienza ed è vero che molte cose non stanno su.
E' del tutto casuale che la spada sia proprio in fondo a quel lago, è assurdo che catturino Harry Potter e nonostante la cicatrice sulla fronte e gli amici a cui si accompagna (i soliti due) dubitino così a lungo che sia lui tanto da farlo scappare, è inverosimile che Albus Silente possedesse uno dei doni della morte, la bacchetta più potente al mondo e sia morto in quello scontro...
ma è il mio film di Natale e non ci voglio pensare troppo su.

PS. anche mia mamma ha i suoi film di Natale. Sono quelli ambientati nelle grandi metropoli USA con il barbone che alla fine si capisce, o meglio si sa, che è Babbo Natale. Mentre li guarda la vedi di nuovo bambina come nelle foto, poi torna alla realtà (o forse no) e va a comprare un nuovo addobbo per l'albero.

sabato 20 novembre 2010

Umarells rule

Il mio amico G. (che ha rinnovato il sito, vi invito a visitarlo http://www.gughifassino.it/) mi parlava degli umarells.

Gli umarells, il termine è bolognese, sono quei vecchini che non hanno granché da fare, escono di casa perché presumibilmente le mogli li esortano a farlo, e così li ritrovi un po' dappertutto. Seduti ai tavolini del bar, in fila alla posta, in piccoli capannelli al parco. Molto spesso, in piedi ai bordi di un cantiere a commentare i lavori in corso.
Se non parlano di come andrebbe ricostruito il manto stradale, parlano della pensione (beati loro che ne vedono una), degli allenatori di calcio, dei bei tempi andati.
Sono tanti, caratterizzano così bene il nostro paese che ci vorrebbero delle piccole riproduzioni sui banchetti dei souvenir, tra il Colosseo e il Ponte dei Sospiri.
Sono tanti ma ne ricordo due in particolare.

Un umarell seduto su una panchina, quest'estate all'Isola d'Elba. Conversava con una signora di qualche anno più giovane, una nonna in vacanza a seguito della famiglia. A un tratto il signore si è alzato ha preso la busta del pane e ha detto:
"Mi ha fatto molto piacere conoscerla, parlerei con lei tutta la giornata ma mia moglie mi aspetta per il pranzo alle 12.30. Non voglio farla preoccupare".
Ha sollevato di poco il cappello e si è incamminato sorridente sul grande viale alberato verso casa.
Galante e fedele, ne ho intravisto la vita.

Un altro umarell invece risale a qualche anno fa. Sedeva dietro di me all'Olimpico di Torino. Toro-Catania. Noi, o meglio A. e L., i due siciliani a cui mi accompagno, tifano Catania. Dopo non molto si capisce che non siamo torinisti anche perché L., attrice focosa, non contiene le reazioni al goal avversario.
Nessuno degli umarells che ci circondano ci fa notare che non siamo proprio graditi, che dovremmo sedere in un'altra zona dell'anello.
Quello dietro di me, quando l'arbitro cade in evidente errore, si alza e grida: "Somaro!".
Io che di Olimpico ne conosco un altro, rimango allibita dall'elegante imprecazione.
Non c'è niente da fare, gli umarells hanno stile.

Clicca qui per vedere
Umarells on film

venerdì 19 novembre 2010

Carpe film

Leggo su una rivista che il giovane attore Nicolas Vaporidis è ossessionato dall'idea della morte, in particolare dal pensiero del suo funerale.
Ma io mi chiedo: un individuo così preoccupato della sua finitezza umana non potrebbe cercare di fare film un po' migliori finché ha tempo?

mercoledì 17 novembre 2010

L'essenza delle cose

A volte D., tornando dall'asilo, racconta qualcosa.
I racconti si dividono in tre tipi: bambino/a ha fatto qualcosa a lui; lui ha fatto qualcosa a bambino/a; bambino/a ha fatto qualcosa degno di nota tout court.
Per curiosità, per interessarmi alla sua vita sociale chiedo:"Chi? Gianluca? O Lorenzo?" oppure "Michelle? Cecilia?".
La sua risposta è "Quella con i capelli fatti così" oppure "Quello che fa così".
Segue un mimo dei capelli o della gestualità identificativa del bambino che a me risulta incomprensibile, ma il puffo, soddisfatto, guarda fuori dal finestrino. Anch'io sorrido: non aggiungerà altro, l'essenziale è stato detto.

A lui, agli allievi di sceneggiatura pronti a raccontarmi alla prima lezione il loro immaginario, a tutti quelli che aderiscono alla mia campagna "distruggiamo idealmente ogni archivio in cui siamo un numero o un nome o un insieme di caratteri alfanumerici" dedico questo passo del Piccolo Principe:


Se vi ho raccontato tanti particolari sull'asteroide B612 e se vi ho rivelato il suo numero, è proprio per i grandi che amano le cifre. Quando voi gli parlate di un amico mai si interessano alle cose essenziali. Non domandano mai: "Qual è il tono della sua voce? Quali sono i suoi giochi preferiti? Fa collezione di farfalle?"
Ma vi domandano "Che età ha? Quanti fratelli? Quanto pesa? Quanto guadagna suo padre?".
Allora soltanto credono di conoscerlo. Se voi dite ai grandi:
"Ho visto una bella casa in mattoni rosa, con dei gerani alle finestre e dei colombi sul tetto" loro non arrivano a immaginarsela. Bisogna dire:
"Ho visto una casa di centomila lire" e allora esclamano: "Com'è bella".
Così se voi gli dite: "La prova che il piccolo principe è esistito, sta nel fatto che era bellissimo, che rideva e che voleva una pecora: Quando uno vuole una pecora è la prova che esiste." Be' loro alzeranno le spalle, e vi tratteranno come un bambino. Ma se voi invece invece gli dite: "Il pianeta da dove veniva è l'asteroide B 612" allora ne sono subito convinti e vi lasciano in pace con le domande. Sono fatti così. Non c'è da prendersela. I bambini devono essere indulgenti con i grandi.
(A. de Saint-Exupéry, "Il Piccolo Principe")

lunedì 15 novembre 2010

Amici di famiglia

Più leggo i giornali, più sono raggiunta (a volte mio malgrado) dalle notizie che l'autoradio diffonde in macchina e più mi sembra di essere precipitata in un film di Paolo Sorrentino.
La cosa pazzesca è che l'abilità di Sorrentino si pensa sia l'andare a scovare certe realtà provinciali, un po' periferiche che sa poi raccontare bene.
Che sia un grande regista nulla da dire, che quelle realtà siano così nascoste...ecco su questo mi viene il dubbio.
Gran parte del nostro paese, gran parte della sua classe politica e dirigente, ha molto di certi personaggi laidi e squallidi che si è felici e rassicurati di lasciare sullo schermo a film finito.
Il triste è trovarseli tutt'intorno.

mercoledì 10 novembre 2010

Tutti zitti, tutti buoni

Sono stata una purista della visione cinematografica.

Infastidita dagli sgranocchiatori di pop corn (a cui dovrebbe essere consentito di sgranocchiare solo nelle scene d’azione quando il volume è talmente alto che non disturbano gli altri).

Infastidita da quelli che non spengono il cellulare e questo gli squilla. Mi ricordano che c’è un mondo fuori, che sono seduta in una sala e non in piedi su un cornicione con il cattivo che mi sta dando la caccia, patisco il jetlag di uscire istantaneamente dal grande schermo a causa di una suoneria idiota.

(A. lo è più di me, ha tentennato sulla pena capitale pensando che ci sono persone che rispondono al cellulare ma alla fine la sua umanità ha prevalso.)

Infastidita dai commentatori. Quelli che fanno la radiocronaca di quanto sta accadendo, quelli che non capiscono quanto sta accadendo e chiedono all’amico/a, fidanzato/a di illuminarli, quelli che sentono l’esigenza insopprimibile di esprimere la loro disapprovazione o il loro entusiasmo (questi ultimi un po’ li perdòno perché la passione è così rara di questi tempi).

Poi la vita (leggi la maternità) mi ha portato a essere un tantino più tollerante.

Non spengo più il cellulare perché se c’è un’emergenza e i nonni o la babysitter devono avvisarmi?
(Però non mi ha mai squillato, attivo la vibrazione e me lo tengo sulle ginocchia. Non sgarro mai, so che c’è A. seduto nel posto accanto e che rischio il divorzio).

E riguardo ai commentatori, a volte uno dei più vivaci è seduto sulle mie gambe. Soprattutto durante i primi film che ha visto, il puffo era meglio di uno speaker e inoltre dichiarava a tutti le sue grandi aspettative sul cattivo.

Comunque, un cartone è un cartone. Il film è un’altra roba. Il dialogo è sacro.


Ma leggendo, in una raccolta di articoli di Gianni Amelio sul cinema, un pezzo dedicato a Jacques Tati, trovo una piccola lezione.


Quando uscì Playtime, il suo film più costoso, Tati si disse contento se il pubblico commentava a voce alta. Chi se ne importa, del dialogo, meglio che qualcosa li sorprenda a tal punto da strappargli un commento, un’osservazione, un’esclamazione.


È vero che non siamo dalle parti di alcuni dialoghi memorabili (Tarantino su tutti), ma Tati mi ricorda una verità: se un vero cinefilo potesse salvare una sola cosa, questa sarebbe l’immagine.

domenica 7 novembre 2010

Se telefonando

Telefonata surreale al Pronto Soccorso Pediatrico.
Sono le 6 di domenica mattina.
La notte non è piccola, è inesistente. Non abbiamo dormito neanche un'ora.

-Pronto, chiamo per un'informazione. Mio figlio di neanche tre anni è da ieri sera alle 23 che tossisce ininterrottamente, ha preso lo sciroppo K alle 23 e di nuovo alle 4..
- Signora, sono costretta a interromperla.
- Come scusi?
- La legge ci vieta di dare terapie per telefono.
- Certo, ma il mio bambino ha già la terapia data dal pediatra. Volevo solo chiederle quanto tempo deve passare tra lo sciroppo e le gocce perché è domenica mattina e il pediatra non lo trovo.
- Mi dispiace.
- Non può dirmi solo se posso già dare le gocce?
(a questo punto la mia voce trema non so se per debolezza fisica o tentativo di impietosire)
Non ho chiuso occhio neanche un minuto, ci aiuterebbe molto..
- Signora, mi mette in difficoltà. E' vietato dalla legge. E questa telefonata è registrata.
- Capisco, grazie.

Se un giorno le intercettazioni mi inchiodassero, sappiate che non c'entrano escort, gigolò o tentativi di estorsione. Volevo solo dormire.

martedì 2 novembre 2010

Come muore una parte di noi

In ogni essere umano c'è tutto. L'abisso e la vetta.
Non ho mai creduto al cinismo di chi dice "L'uomo è fondamentalmente cattivo". E' un giudizio parziale di chi piega il pensiero sotto il peso della delusione (e chi non ne ha avute?).
L'uomo e la donna sono in potenza tutto.
La meraviglia dell'avventura umana è l'enorme libertà di scelta che si rinnova di secondo in secondo.
Tutti gli esseri umani possiedono anche l'istinto alla violenza, all'egoismo, alla collera, al voyeurismo patologico, al gossip consolatorio.
La prova è che quando incontriamo in autostrada un incidente, il traffico rallenta perché tutti lanciano uno sguardo.
Non credo si speri di vedere un corpo massacrato, sanguinante, carne sofferente.
La mia idea è che si guarda perché la mente umana subisce il fascino di quell'insondabile parte dell'esistenza che si ammanta di casualità.
Come gli eventi, la dinamica di un veicolo o due, si incidono nelle carrozzerie, cosa le macchine riescono a diventare quando deragliano dalla traiettoria che si immaginava per loro.
Si guarda anche per vedere a cosa si è scampati, vero. La ridotta probabilità statistica che un incidente appena successo si ripeta ci fa viaggiare un po' più tranquilli. Ci muoviamo ancora in una sfera di sentimenti bassa senz'altro, ma accettabile.

Molto diverso secondo me è il voyeurismo ingiustificabile che si scatena dopo una tragedia come quella di Avetrana.
Altro che sesso e sparatorie, la censura dovrebbe abbattersi su trasmissioni che macinano delitti e sofferenze come carburante per procedere a gonfie vele.
Bruno Vespa e il suo ghigno con cui vorrebbe farci credere di partecipare alle notizie vanno banditi per sempre dalla televisione.
Perché una sparatoria cinematografica può essere catartica e liberatoria di certi istinti di violenza ineliminabili dall'animo umano.
Una scena di sesso può essere poco indicata a certe età ma di certo non sarà mai dannifica come alcune cose che non puoi spiegare ai bambini e non puoi più far notare agli adulti perché completamente assuefatti.
Quella mancanza di empatia, di compassione nel senso etimologico e più alto del termine, quella freddezza che ti fa concepire una trasmissione o un tour nei luoghi del delitto. Ci si interessa tanto di una morte quando una parte di noi è già morta. Quella che dovrebbe provare rispetto per la vittima e indignazione per tutto il resto.

Io la faccia di Vespa e degli altri è tanto che non la vedo.
A casa nostra la tv funziona solo come monitor per il lettore dvd.
Vediamo film o cartoni animati (e A. qualche volta i goal, la domenica).
Ma leggo i giornali e non riesco a dormire pensando a tutti i televisori ancora funzionanti in Italia.

lunedì 1 novembre 2010

Attenti al ragno


"Darren ha sedici anni
e li avrà per sempre."

Il film aveva tutti i numeri per funzionare.
Io sono amante di circo e prodigi, A. è un appassionato di vampiri (fin da tempi non sospetti, molto prima della saga Twilight per capirci).
E' la notte di Halloween.
Il puffo dorme, nel buio sghignazza una zucca a luce intermittente che gli hanno regalato i nonni.
Però la magia non si compie.
"Cirque du Freak: the Vampire's assistant" racconta la storia di Darren, sedicenne dalla vita tranquilla, con un'insana passione per i ragni e un migliore amico un po' fuori di testa. Una notte i due vanno a vedere l'one-night show del Cirque du Freak, in tournée da cinquecento anni.
E da quella sera qualcosa cambierà.
L'atmosfera è suggestiva, soprattutto nella sequenze dell'ingresso al circo.
E quando i due vampiri arrivano in prossimità del campo invernale, fatto di tende, carrozzoni e lucine, quella vista mi ha emozionato (ma qui appunto forse sono io oppure sono io e qualche ricordo di Big Fish tornato a galla). 
Però si rimane sempre a un passo dalla narrazione, il ritmo è a tratti troppo accelerato, i combattimenti ti lasciano a guardare.
Si sorride con un grande John C. Reilly e Kan Watanabe nei panni di un freak è visivamente inquietante, più degli altri.
Stavolta più che mai, peccato.