martedì 1 febbraio 2011

A presto



Il blog chiude. E' arrivato il momento di fare altro.
E' stata una bella tappa. Ringrazio i miei lettori assidui e quelli occasionali.
Il video è un invito per tutti noi a ricercare sempre l'autenticità.
A presto.

lunedì 24 gennaio 2011

Di pianoforti, tappeti e pive nel sacco

F. e M. non se la passano proprio bene.
La parola "crisi", sulla bocca di tutti quasi come un intercalare, per loro ha un significato ben preciso. Questo significato è un'immagine. Lo scomparto del portafoglio dedicato alle banconote vuoto, non sempre a fine mese.
F. e M. vivono da sole, ognuna nella sua casa. Lavorano a stipendio ridotto, ma possono dirsi ancora fortunate perché certi colleghi non lavorano più.
Un giorno, all'unisono, ognuna nella sua casa e ognuna immersa nelle sue elucubrazioni, sono folgorate da quella che sembra una soluzione.
Non la Soluzione, ma una soluzione per tirare un po' il fiato, per mettere qualcosa in banca.
F. pensa di vendere il tappeto che le ha regalato la sua prozia. Non è troppo antico, ma è pregiato (almeno così disse la prozia) ed è ben tenuto.
M. pensa di vendere il pianoforte che tecnicamente è ancora a casa dei suoi ma di fatto appartiene a lei. Non è un pianoforte a coda ma è un bel pianoforte, in buono stato ed è tedesco.
Entrambe concludono che, male che vada, avranno duemila euro in cambio.
Il titolare del più prestigioso negozio di pianoforti della città dice a M:
"Duecento euro".
Duecento euro!!! Ma è tedesco!
"Spiacente, i migliori pianoforti sono quelli che provengono dalla Repubblica Ceca. Duecento euro o niente."

Ad F. va anche peggio perché il venditore arabo di tappeti in centro, un uomo dal bell'aspetto e dal bell'eloquio condito con accento esotico, trattiene il tappeto in conto vendita e le chiede cinquanta euro per il lavaggio.

sabato 22 gennaio 2011

Ho perso l'orologio.
Il cellulare, il cordless, il lettore dvd, il display del forno e quello dell'automobile danno cinque orari diversi.
Li regolo tutti sull'ora del cordless perché coincide con quello che mi dice un'amica guardando il suo orologio.

L'avrà regolato con la tv o con il segnale orario della radio.
E come si regolano la tv e la radio?
Chi regola il Grande orologio capo del mondo?
Chi decide che ora è adesso?

venerdì 21 gennaio 2011

Away we go, forse

- E se andassimo in Nuova Zelanda?
- Ci dobbiamo dare dentro a imparare bene l'inglese...
- Eh, sì. Certo si tratterebbe di cambiare proprio tutto. Ma se invece andassimo in un'isola sperduta e anonima di questo emisfero, chessò...
- Un'isola? Ma se te l'ho detto io e tu mi hai detto no perché poi D. cresce fuori dal mondo...
- Guarda, se il mondo è questo magari ne rimanesse fuori... In realtà io ti ho parlato del sentimento della deprivazione relativa. Cioè, anche se D. sarà felice, un giorno scoprirà che altrove ci sono tante cose che non conosce, le penserà come occasioni perdute e diventerà infelice.
- Andiamo in un posto dove non c'è Internet. Che nessuno gli parli mai del mondo.
Sorridiamo. Pensiamo tutti e due a "The village".
- Vabbè, ne riparliamo, ok?
- Ok, buonanotte.

Io e A. non riusciamo a dormire.
A vivere in questo paese ci viene la nausea, l'insonnia, l'acidità.
Oggi mi fa tristezza pure l'intervento di Travaglio o le vignette di Vauro che mi racconta un amico. Non cambierà niente. Tutti sono indignati. O meglio, alcuni sono indignati, altri invidiosi. E tutto rimane com'è.
E non c'entra solo il Presidente del Consiglio. Certo, la punta dell'iceberg è lui.
Ma in questo gran puttanaio le figure di rilievo sono anche le Maria De filippi, le Barbara D'Urso, i tronisti, le veline, le prostitute d'alto bordo, i Fabrizio Corona, le vallette delle televendite.
Sono loro che impoveriscono la vita, la rendono piccola cosa. Triturano la dignità dell'essere umano per farne fard da spalmare sulle guance agli ospiti. L'amore non è più tale, è una scelta tra prodotti.
L'amicizia è coprire le malefatte, ottenere favori o farne.
Gente che sembra uscita da un incubo di Stefano Benni.
La fantasia non riesce a stare dietro alla realtà.

Ma in questo paese non esistevano persone come Pasolini, Petri, Fortini, Bianciardi, Calvino, Berlinguer, Sereni?
Com'è successo che negli anni '70 l'Italia era ancora un paese vivo e negli anni '80 era un paese di gente pronta a dimenticare tutto per guardare le scollature di Drive In?
E noi dove eravamo?

giovedì 20 gennaio 2011

Non solo in America



Non accade solo in America, ma in tutto il pianeta immagino. O quanto meno, anche in Italia.
Il fatto di diventare genitori scatena nell'ambiente circostante una serie di pulsioni da scriverci un saggio, magari due. Come disse un'amica di mia madre: "Se la mia non-maternità era questione nazionale, la mia maternità divenne questione internazionale."

Un bimbo in arrivo è un catalizzatore di sentimenti. E' una vita nuova di zecca, ogni persona che incontri ha da dire la sua. (A volte non dice nulla, fugge lontano e questo è l'amico single incallito, fiero di non essere padre, attaccato alla sua libertà come un koala a un albero e l'esempio non è casuale perché la cosa a cui più tiene è proprio quella pigrizia, quelle beate ore di sonno a cui non è pronto a rinunciare.)

Burt e Verona, i protagonisti di "Away we go", vanno in cerca di qualcuno con cui condividere la gioia e la fatica di diventare genitori, di un posto in cui compiere la metamorfosi: da coppia a famiglia.
Tra tre mesi nascerà la loro bambina.
Un po' spaesati, cercano un modello di riferimento a cui ispirarsi. E non ne trovano. Ognuno degli amici che incontrano si è aggrappato a una formula a cui cerca di convertire i nostri due. Oppure vive la sua solitudine e il fallimento.
C'è la coppia disillusa, cruda nel descrivere la vita familiare e volgare tanto da cercare di rovinare quella degli altri. I figli sono violati senza scrupoli nella loro intimità (e pensare che qualche anno anno prima  erano anche loro dei neonati venerati da tutti).
C'è l'amica new age che combatte contro l'uso dei passeggini ("noi non spingiamo lontano da noi i nostri bambini") e li allatta fino a un'età improbabile.
C'è la coppia proprio come piace a loro, che convive però con un grande dolore.
C'è una mamma che se n'è appena andata di casa, ha lasciato il marito e una bambina a cui la verità non è ancora stata detta ma è lì che pende come una minaccia su di lei che sta per addormentarsi in un lettino pieno di peluche e giochi.
E poi c'è una casa vecchia, abbandonata, con ananas e altra frutta di plastica a pendere dagli alberi. Una casa da cui si vede il lago. Una casa da cui partire per andare lontano.

Sam Mendes si lascia alle spalle la fotografia perfetta di "American Beauty", il canone classico di "Revolutionary road" e, affidandosi alla sceneggiatura di Dave Eggers e Vendela Vida (compagni di vita e genitori), mette a segno l'ennesima pellicola da non perdere.

martedì 18 gennaio 2011

Tre anni!

Funziona così. C'è sempre qualcosa di bello che ti aspetta dove non penseresti.
L'asilo che in autunno inoltrato era diventato un posto inviso, dopo le vacanze natalizie è tornato nei nostri favori.
Nella settimana del rientro D. ha festeggiato a scuola il suo compleanno perché cade durante le vacanze - anzi, ha fatto una "festicciola con gli amici" come dice lui.
E' tornato a casa molto contento. Canticchiava "Tu gli piaci ciuf! ciuf!" sulle note di Tanti auguri a te. E suggeriva scenari di trenini dell'amore, come nei luna park di un tempo, e prime cotte.
Qualche ora dopo aggiungeva un motivetto "Perché è un bravo ragazzo, perché è un bravo ragazzo nessuno lo può legar!" inneggiando così a uno dei principi cardine della giustizia: la libertà per tutte le persone corrette. (e la detenzione per chi sgarra. Se vi sembra scontato, non avete letto i quotidiani da un po' di tempo a questa parte).
Degna di nota è anche la canzone di Mary Poppins che, nella sua interpretazione, è diventata un mantra per allontanare ogni malattia e soprattutto ogni medicina: "Basta un poco di zucchero e la pillola è laggiù, la pillola è laggiù...".
Insomma la festa è stata un successo con un unico neo. Le torte che abbiamo portato non gli sono piaciute. "Mamma, erano brutte!"
Nella sua vocina leggo una nota di biasimo: mamma perché non hai fatto di nuovo la torta di spiderman con la panna? Perché mi hai fatto fare questa brutta figura proprio a scuola?
Vagli a spiegare che erano crostate confezionate perché a scuola c'è un regolamento che vieta di portare dolci fatti in casa. Sono ammessi solo dolci confezionati senza panna e crema, con elenco ingredienti e data di scadenza ben indicate. Non ci piacciono forse tanto, ma sono le regole e noi le rispettiamo perché siamo bravi ragazzi.
Provo a spiegarglielo ma D. sembra abbastanza indifferente.
Poi sorride e dice "Il succo di frutta era buonissimo!" Bene. Almeno quello.
E se ne va verso la sua cameretta canticchiando "Tu gli piaci ciuf ciuf!"

venerdì 14 gennaio 2011

La poesia dei ritorni


I primi ricordi della vita sono ricordi visivi. La vita, nel ricordo, diventa un film muto. Tutti noi abbiamo nella mente un'immagine che è la prima, o tra le prime, della nostra vita. (...) Ti faccio un esempio, Gennariello, che a te napoletano suonerà esotico. La prima immagine della mia vita è una tenda, bianca, trasparente, che pende, credo immobile, da una finestra che dà su un vicolo piuttosto triste e scuro. Quella tenda mi terrorizza e mi angoscia: non come qualcosa di minaccioso o sgradevole, ma come qualcosa di cosmico. (...) Ciò che mi ha detto e insegnato quella tenda non ammetteva (e non ammette) repliche.
(P. Pasolini, "Gennariello")
Ogni volta che torno dalla Sicilia, subisco una specie di jet lag. E non c'entra l'escursione termica, la latitudine, passare dal mare alle Alpi. E' una specie di jet lag dell'anima, un jet lag interiore. Ma mi guardo bene dal pubblicizzarlo, ne parlo solo tra noi pochi, qui sotto il tavolo. Non vorrei che qualcuno si sognasse di dare consigli o prescrizioni per superarlo rapido e indolore.
A me questo stato sospeso della coscienza, questa forma dolce e sottile di malinconia, è utile. E' come un paracadute per tornare al presente.
Perché la Sicilia è la terra di A. Il paesaggio che scorre rapido fuori dal finestrino e i palazzi scuri del centro quando passeggiamo per via Etnea sono il panorama in cui ha è nato, ha camminato, corso, in cui è vissuto nella sua vita prima di me. E io la respiro e mi restituisce un A. che posso solo immaginare.