giovedì 20 gennaio 2011

Non solo in America



Non accade solo in America, ma in tutto il pianeta immagino. O quanto meno, anche in Italia.
Il fatto di diventare genitori scatena nell'ambiente circostante una serie di pulsioni da scriverci un saggio, magari due. Come disse un'amica di mia madre: "Se la mia non-maternità era questione nazionale, la mia maternità divenne questione internazionale."

Un bimbo in arrivo è un catalizzatore di sentimenti. E' una vita nuova di zecca, ogni persona che incontri ha da dire la sua. (A volte non dice nulla, fugge lontano e questo è l'amico single incallito, fiero di non essere padre, attaccato alla sua libertà come un koala a un albero e l'esempio non è casuale perché la cosa a cui più tiene è proprio quella pigrizia, quelle beate ore di sonno a cui non è pronto a rinunciare.)

Burt e Verona, i protagonisti di "Away we go", vanno in cerca di qualcuno con cui condividere la gioia e la fatica di diventare genitori, di un posto in cui compiere la metamorfosi: da coppia a famiglia.
Tra tre mesi nascerà la loro bambina.
Un po' spaesati, cercano un modello di riferimento a cui ispirarsi. E non ne trovano. Ognuno degli amici che incontrano si è aggrappato a una formula a cui cerca di convertire i nostri due. Oppure vive la sua solitudine e il fallimento.
C'è la coppia disillusa, cruda nel descrivere la vita familiare e volgare tanto da cercare di rovinare quella degli altri. I figli sono violati senza scrupoli nella loro intimità (e pensare che qualche anno anno prima  erano anche loro dei neonati venerati da tutti).
C'è l'amica new age che combatte contro l'uso dei passeggini ("noi non spingiamo lontano da noi i nostri bambini") e li allatta fino a un'età improbabile.
C'è la coppia proprio come piace a loro, che convive però con un grande dolore.
C'è una mamma che se n'è appena andata di casa, ha lasciato il marito e una bambina a cui la verità non è ancora stata detta ma è lì che pende come una minaccia su di lei che sta per addormentarsi in un lettino pieno di peluche e giochi.
E poi c'è una casa vecchia, abbandonata, con ananas e altra frutta di plastica a pendere dagli alberi. Una casa da cui si vede il lago. Una casa da cui partire per andare lontano.

Sam Mendes si lascia alle spalle la fotografia perfetta di "American Beauty", il canone classico di "Revolutionary road" e, affidandosi alla sceneggiatura di Dave Eggers e Vendela Vida (compagni di vita e genitori), mette a segno l'ennesima pellicola da non perdere.

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