lunedì 19 luglio 2010

Il senso più prezioso


“Il passato è qualcosa che (lui) può vedere ma non può toccare”.
(In the mood for love, Wong Kar-Wai)

Mi ha colpito molto in un settimanale letto di recente (D, n. 702) l’intervista fatta a Maria Grazia Chiuri, co-direttore creativo della maison Valentino.
Non l’intervista in sé, ma una particolare domanda.
“Il senso più importante?”
Risposta: “Il tatto.”

Banalmente, pensavo fosse naturale, se non doveroso, per chi si occupa di moda dire: la vista.
Questa risposta bizzarra mi ha fatto molto pensare, anche senza rendermene conto.
Capita anche a voi di avere pensieri che continuano la loro vita parassitando la vostra?
Uno esce con gli amici, va a fare la spesa, termina un lavoro importante, telefona a un parente lontano e loro intanto fanno il loro percorso e a un certo punto tornano alla coscienza.

Ecco, stamattina ho ripreso in mano “Lettere luterane” di Pasolini e ho quasi la certezza di averlo fatto perché ho letto quell’intervista giorni fa.
Mi ricordavo di un passo commovente.

“Non mi stancherò mai di ripetertelo: io, nel parlarti, potrò forse avere la forza di dimenticare ciò che mi è stato insegnato con le parole. Ma non potrò mai dimenticare ciò che mi è stato insegnato con le cose.”

E allora ho pensato alle cose che erano intorno a me quando ero bambina e a come quelle cose mi hanno insegnato.
Io le ho toccate.
Le mani di mia nonna e quelle di mio nonno, la buccia dell’uva spina che cresceva nel loro giardino, il velluto del loro divano verde e come si increspava in prossimità dei bottoni cuciti simmetricamente al centro dei cuscini, la trama un po’ ruvida di un foulard della mamma che, nei giorni di vento, finiva sulla mia testa nel tentativo di scongiurare un’otite.
La pelle rigida delle poltrone ormai in disuso provenienti dal negozio di barbiere dell’altro nonno che non ho mai conosciuto.
La carta spessa e lucida dei volumi del Reader’s Digest.
La plastica dura dei braccioli per il mare.
I capelli di mia sorella.

Ho compreso d’un tratto che quando guardo le foto, cerco di risalire a qualcosa che le foto non possono restituire.
Ed è questo, forse, che dà ragione alla Chiuri.

1 commento:

  1. giusto!!! sarebbe bene sottoporre tali riflessioni al ministero della pubblica istruzione: la nostra orribile scuola, infatti, è fatta solo di parole. l'educazione fisica è di due ore scarse a settimana, non esiste educazione alimentare , sessuale, etica, e alla fine (soprattutto dai 'prestigiosissimi' licei) i ragazzi escono che non sanno fare assolutamente niente in più di quando erano entrati. alcuni sono diventati molto bravi a parlare, già: come Goebbels, Andreotti, Jack lo squartatore...

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