sabato 24 luglio 2010

Parla come vivi

Approfitto del fatto che la mia amica Monica è al mare e che per il momento non mi legge, per un’altra delle mie analisi linguistiche.

Dice Monica che sono l’unica persona che quando si deprime o è in crisi esistenziale apre il dizionario.
(Da un recente studio risulta che crescere in una famiglia con più di 1500 libri sia un fattore predisponente, io ho anche l’aggravante della mamma professoressa di italiano e latino).

La parola di oggi è "preoccuparsi", anzi "pre-occuparsi".

Preoccuparsi di qualcosa prima che questa cosa accada (altrimenti si parlerebbe di “occuparsene”) vuol dire impegnare il proprio tempo e le energie mentali (talvolta anche quelle fisiche) inutilmente.

L’inutilità della preoccupazione è data dal fatto che non si può agire perché la causa non è nel presente ma in un tempo a venire.

Se si può agire in una qualsiasi direzione per evitare che il problema deflagri, si può parlare di "prevenire". Questo lo trovo utile, tranne che in senso bellico.

Da quando pratico il buddismo, oltre al rimuginare molto (che mi viene naturale sempre per lo studio di cui sopra), tento di mettere azioni cioè controtendenze, di lavorare sui miei limiti.

Ad esempio, mi impegno nel preoccuparmi meno e ho scoperto che molte delle cose che mi avrebbero potuto preoccupare in realtà non si sono mai verificate.

Visto che in questo momento si fa un gran parlare di risparmio, consiglio a tutti di provare.

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