domenica 11 aprile 2010

Berlusconi è un infelice

Dell’attuale Presidente del Consiglio si è detto tutto e il contrario di tutto. Si va dall’adesione di alcuni al fan club “Meno male che Silvio c’è” all’opposto atteggiamento di altri (più numerosi?) che paradossalmente potremmo riassumere con lo stesso slogan “Meno male che Silvio c’è” altrimenti non saprei come riempire le mie giornate e a chi spalare addosso tutta la merda che mi intasa la vita.
Credo sia esperienza comune avere almeno un amico o un parente che non perde un articolo di Travaglio, un pezzo di Santoro, una vignetta, un blog, una manifestazione, una catena di Sant’Antonio via Internet tanto da chiedersi quale iniziativa dovrà prendere il Governo per distrarci dalle questioni importanti quando giungerà l’ora del Cavaliere di lasciare questo mondo.

Nell’attesa, torniamo al punto iniziale: del Premier si è detto tutto.
Tranne una cosa, che oltre a essere il Primo Ministro, il Presidente del Milan, il fondatore di Fininvest prima e Mediaset poi, il costruttore di Milano 2, il proprietario di testate giornalistiche e case editrici, l’imputato in oltre venti procedimenti giudiziari, un marito infedele, è un infelice. Come altro definire una persona che - a suo stesso dire - ha raggiunto “più obiettivi ritenuti in partenza eccessivamente ambiziosi di qualunque altra persona al mondo” e che nonostante questo si sottopone a ore di trucco, trapianto di capelli, tinture di capelli, indossa tacchi per ingannare sull’altezza e paga le donne per fare sesso?

È una persona infelice a cui i soldi (tantissimi), la fama, la visibilità, i fan club “meno male che silvio c’è” danno lo stesso sollievo che dà una limonata a chi è affetto da dissenteria cronica: un sollievo temporaneo, non reale, una panacea che nel momento stesso in cui ti regala attimi di benessere, ti sussurra all’orecchio che non durerà, che anzi è già finita, che presto dovrai inventarti qualcos’altro.

È un tarlo che ti invade la mente, le notti, le giornate. È la paura di morire che nessuna valletta giovane e procace, nessun lifting, nessuna barzelletta sporcacciona, nessuno yatch sa dissipare. È l’assenza di senso che si infila in ogni cosa, che se non è sconfitta dalla ricerca, dalla profondità, dalla capacità di collocare il significato dell’esistere in un posto in cui sia in salvo, ha già vinto in partenza.
Berlusconi non è l’unico malato di questa malattia, sia ben chiaro. Come la nera signora che ti aspetta a Samarcanda, la fuggi, la eviti, sei lì a ideare piani di salvezza per scoprire poi di averla dentro casa. Nessuno ne è esente.
Ma che ne sia affetto proprio lui – il 70° uomo più ricco del mondo nella classifica stilata dalla rivista americana Forbes – ebbene, questo è l’inizio del caos.
(to be continued)

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